Nicòtera,
(200 m.ca.slm., 8000 ab.ca.) con le sue viuzze contorte e gli
impegnativi saliscendi, conserva ancora oggi un’atmosfera dal sapore
antico. Orizzonti sconfinati la circondano a meridione, offrendo
all’osservatore spettacolari panorami; nelle giornate limpide
possono scorgersi contemporaneamente le Serre, l’Aspromonte, la
Sicilia con la maestosità dell’Etna, le isole Eolie, il golfo e la
piana di Gioia Tauro, che irradiano su di essa intensi cromatismi di
blu e verde.
Nicòtera trae origine dall’antica città
greca di Medma edificata dai Locresi nell’ampia pianura a
sud-sud-est nell’attuale sito, presso la foce del fiume Mesima (da
Mesma l’altro nome con cui era nota la città), se ne desume la
fondazione attorno al 521 a.C..
Fu dotata di emporio, ginnasio, terme, foro, teatro, templi e
zecca. Nel 422 a.C. con Crotone ed Hipponion – l’attuale Vibo –
fece guerra a Locri. Nel 389 a.C. fu presa da Dionisio I. Ma
la città continuò ad esistere per tutto il quarto secolo sotto il
dominio dei Bretii, in avanzata dalle aree montuose in cui erano
dapprima relegati. Batteva moneta con la legenda Mesma; fu patria
dell’astronomo Filippo, discepolo di Platone. Medma non fu più
abitata in età romana, probabilmente abbandonata in concomitanza con
le vicende della seconda guerra punica.
Sopravvisse solo parzialmente attraverso il proprio
emporium-porto, sua emanazione nei pressi dell’attuale Nicotera
Marina; esso fu vivace a partire dal terzo secolo a.C..
Si
suppone che nei primi secoli dopo Cristo sia stata rifondata,
nell’attuale sito, da qualche capo d’esercito vittorioso che
tornava dall’Africa, attribuendole il nome di Nicotera, dal greco
“Miracolo di vittoria”. Fu soggetta nel corso dei tempi a varie
incursioni. Cadde sotto il dominio arabo dal 941 al 943 e nel 946,
strappata temporaneamente all’amministrazione Bizantina. In meno di
un secolo i Saraceni l’avevano quasi distrutta e spopolata, quando
nel 1065 Roberto il Guiscardo introdusse la dominazione Normanna di
Ruggero I. Ricostruita, divenne luogo importante, essendovi anche un
cantiere. Per Nicotera,
antica sede vescovile, l’avvento dei Normanni significò,
inoltre, il ritorno al rito romano dopo l’adozione nel 968 d.C. di
quello greco-bizantino; nel 1091 il pontefice Urbano II,
accompaganato da Bruno di Colonia (San Bruno), venne a Mileto –
capoluogo della contea Normanna di Calabria – per riorganizzare le
diocesi della Calabria. Nel XIII secolo subentra la casa di Svevia;
sotto Federico II Nicòtera raggiunse un alto grado di floridezza:
si sviluppò l’agricoltura, furono favoritela coltura del gelso,del
lino e le manifatture tessili. Per rendere più redditizie tali
industrie ed il commercio, Federico favorì l’insediamento degli
Ebrei che collocò nella zona ancor oggi detta “Giudecca”,
all’ombra del castello e del vescovo per essere protetti dalle
persecuzioni cristiane. Ma la sua opera determinante per prestigio ed
opulenza, fu l’arsenale posto accanto al porto.
Segue nel 1268 la fase angioina in un arresto dello sviluppo.
Nel 1284, Ruggiero di Lauria dà l’assalto a Nicotera per
signoreggiare da grande ammiraglio del Re Pietro d’Aragona. Così
nicòtera cadde in potere agli Aragonesi, sottraendo una delle sedi più
strategiche agli Angioini. Nelle guerre che avvennero peril dominio
sulla Calabria, nel clima dei Vespri Siciliani, il popolo nicoterese
con gli Ebre che si ritrovavano nelk città, parteggiò per gli
Aragonesi: Era a quei tempi, Nicotera cinta di mura, che resistettero
fino ai primi del 1700; aveva, inoltre, un castello e l’arsenale.
Nel
XV° secolo, sotto il regno di Alfonso d’Aragona, passò
sotto il giogo del feudalesimo e decadde. Dovette subire devastazioni,
incendi e saccheggi da parte di corsari tunisini, bisertani ed
algerini – direligione maomettana – che infestarono il golfo di
Gioia Tauro dal 1583 al 1701.
Nel 1806, le ripercussioni della rivoluzione francese
spazzarono il sistema feudale e Nicotera, sotto
il governo militare francese, divenne piazza d’armi e punto
di vedetta. Tornato a sedersi sul trono di Napoli il suo legittimo
sovrano, Ferdinando, re del Regno delle due Sicilie, Nicòtera continuò
ad essere capoluogo del circondario con alle proprie dipendenze i
comuni di Joppolo e Limbadi.
“Ma per mezzo secolo, fino all’arrivo di Garibaldi, dominò
qualcosa di peggio del feudalesimo…. Al posto dei baroni e dei marchesi vecchi feudatari, era sorta una nuova classe di padroni che
aveva comprato i fondi per poco denaro, profittando della rovina o della paura dei vecchi
feudatari. In genere si trattò di fattori o usurai, di persone che
esercitando una professione cui il popolo doveva ricorrere nelle sue
occorrenze quotidiane, avevano oltre alla ricchezza uno strumento di
più per tenere a bada ogni velleità. Poiché si erano impadroniti
delle baronie, furono chiamati baroni….” (Corrado Alvaro “Un
treno nel sud”).
Il
territorio di Nicotera ha carattere mediterraneo ed è, per lo più,
adibito ad attività agricola: prevalgono gli agrumeti nella parte
pianeggiante, posta a sud, gli uliveti in quella collinosa, a nord.
Negli
ultimi decenni, l’assetto urbano nicoterese ha registrato uno
sviluppo contraddittorio e non sempre controllato, a parte l’antico
nucleo storico. E’ solo in quest’ultimo, però, che si esprime
l’identità cittadina coi suoi molteplici elementi di interesse
storico, artistico ed urbanistico. Esso era diviso - stando a quanto
riferisce il canonico Vincenzo Brancia nella metà del XIX secolo –
in vari quartieri, ognuno dei quali accoglieva una diversa classe
sociale. Nel Borgo erano “cavallari, asinai, mulattieri”; nei
quartieri Palmentieri e Santa Chiara abitavano “marinai ed
agricoltori”; nel quartiere Giudecca dimoravano “pescivendoli,
gente di piazza e qualche agricoltore”; In quelli di Santa Caterina,
Castello, Porta grande e Baglio, vivevano “persone civili, cioè
galantuomini ed artigiani”; infine, nel quartiere San Nicola
risiedeva la classe dei “vetturali”. I quartieri che si
distinguevano per fabbricati di buona costruzione erano quelli posti
sul piano, poiché offrivano palazzi di bell’aspetto, ad uno, due o
tre piani. Tra questi primeggia quello che fu del principe di Scilla
col nome di castello perché edificato nel 1764 nei pressi delle
rovine dell’antico vero maniero.
Oltre
ad essere stata una prestigiosa abitazione, offriva i propri locali
alla casa del Municipio, alla Regia Giustizia, a molti magazzini e
locali per abitazione, oltre a vari stanzoni utilizzati come carceri.
Oggi è sede del Museo civico e di quello dell’arte contadina.
Oggi,
il centro storico soffre di un progressivo abbandono: Il baricentro
cittadino si è ormai spostato nella parte pianeggiante, tra la
vecchie e la nuova Nicotera.
Il
Castello
La
prima costruzione risale al 1065 ad opera di Roberto il Guiscardo.
Distrutto dai Saraceni nel 1074 e nel 1085, fu rifatto da Ruggero il
Normanno. Abbattuto ancora una volta nel 1284 da Ruggero di Lauria fu
dallo stesso ricostruito. La sua ultima ristrutturazione si ebbe nel
1763, su interessamento del conte Fulco Antonio Russo, su disegno
dell’ing. Ermenegildo Sintes, allievo prediletto del Valvitelli.
Esso appare come una massiccia mole che domina la sottostante
marina; la facciata principale presenta marcate analogie con la
Certosa di San Marino in Napoli. E’ caratterizzato da tre torri
laterali, ( la quarta non è mai stata costruita), di cui le due
frontali sono collegate tra loro da un susseguirsi di sette arcate su
cui poggia il lungo e stretto terrazzo del piano nobile.
Tutto
il piano terra, caratterizzato da grandi saloni è oggi occupato dal
Civico Museo Archeologico, mentre il primo piano
ospita il Centro per
lo studio e la conservazione della civiltà contadina del Poro. |