LA PROCESSIONE
DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
A
NICOTERA
MARINA
Tra varie ricerche su
internet mi sono imbattuto in un articolo pubblicato sulla Gazzetta
del Sud dell'8 dicembre 1993. L'articolo si occupa di una delle
celebrazioni religiose più straordinarie della Calabria, cioè "La
processione a mare della statua dell'Immacolata l'8 dicembre a
Nicotera Marina". La descrizione dell'evento e l'excursus storico
sono molto puntuali. Ho trovato alcuni particolari a me sconosciuti
nonostante abbia partecipato più volte nel corso degli anni alla
celebrazione. Perciò non posso esimermi dal pubblicarlo
integralmente. Sulla colonna di destra ci sono alcune foto scattate
l'8 dicembre 2006.
di
Umberto
Di
Stilo
Il rito, ormai secolare, conserva intatto il fascino degli
avvenimenti che parlano direttamente al cuore. Sicché, anche se non
riserva alcuna novità, anche quest'anno, in occasione della
ricorrenza festiva dell'Immacolata,
Marina
di
Nicotera diventerà
meta obbligata per diverse migliaia
di
fedeli che, provenienti da tutti i centri dell'entroterra, vogliono
partecipare a quel tripudio di
fede che spinge i pescatori locali a portare in mare la statua
lignea della Madonna.
La pittoresca processione è sicuramente unica nel suo genere. Ciò
sia per le modalità che la caratterizzano, sia per le motivazioni
che l'hanno generata. Inoltre quel lungo ed ordinato corteo, nella
profonda e mistica partecipazione dei fedeli, dà vita ad un
suggestivo e singolare spettacolo che, spontaneo, ha origine nella
profonda devozione dei pescatori nicoteresi.
Sono proprio loro, infatti, che ogni anno, quali che siano le
condizioni del
mare, immergendosi nelle acque gelide fin oltre la cintola, portano
la Madonna in processione per un lungo tratto
di
litorale mentre, in acqua, fanno corona alla Statua numerose barche
e, sulla terra, diverse migliaia di
fedeli, alzando canti alla Vergine, seguono la processione
camminando sull'ampia spiaggia o sulla parallela via
marina.
La tradizione è antichissima e trae origine dal casuale ritrovamento
in acqua della bella scultura.
Si racconta, infatti, che proprio la Statua dell'Immacolata che i
pescatori nicoteresi portano in processione, sia stata pescata nello
specchio di
mare antistante l'attuale abitato. All'epoca
del
ritrovamento della scultura non esisteva ancora il paese. Ciò anche
se, come sembra, ancora prima la "marina"
era stata abitata da una colonia di
spagnoli dediti alla pesca delle spugne che in gran quantità si
trovavano sui fondali della scogliera. La zona era immersa nel verde
della campagna. Solo in prossimità dell'arenile sorgevano poche
rustiche baracche di
frasche nelle quali i pescatori custodivano le reti ed i vari
attrezzi necessari all'esercizio della pesca.
I marinari nicoteresi, all'epoca, abitavano il rione "Palmenteri"
che, abbarbicato sulla collina di
granito ed aprendosi come un gran balcone sul mare, consentiva loro
di
tenere costantemente sotto controllo l'ampio golfo delimitato dal
promontorio di
Capo Vaticano e dal pittoresco S. Elia
di
Palmi. Da questo rione collinare, che si apre ad uno stupendo
scenario naturale, i pescatori potevano facilmente spaziare con lo
sguardo fin nelle dirimpettaie isole Eolie.
Una mattina di
quasi due secoli addietro, dunque, mentre da "Palmenteri" scrutava
il mare, che dopo alcuni giorni di
tempesta cominciava a rabbonirsi, un pescatore si accorse che
all'altezza dell'odierno rione "marinella" c'era qualcosa che
galleggiava. Incuriosito guardò con attenzione: era una cassa
di
grandi dimensioni.
"Ci sarà un tesoro" - pensò l'avvistatore e, insieme ad un suo
parente, si affrettò ad imboccare lo stretto sentiero che, tracciato
tra enormi massi di
granito, conduceva (così come ancora oggi conduce) alla tranquilla
borgata marinara.
L'episodio, in maniera scarna e con la semplicità che caratterizza i
racconti popolari, ci è stato ricostruito dal sig.
Giovanni
Di
Capua
che, fattoci conoscere dal prof. Saverio Pagano, oltre ad essere il
più anziano pescatore di
Nicotera
è diretto discendente dell'avvistatore della preziosa cassa. Per
questo sin dalla più tenera età, dalla viva voce
del
nonno, che a sua volta li aveva appresi dall'avo suo, ha conosciuto
i particolari del
ritrovamento della bella Madonna. D'altra parte
del
fortuito recupero della statua, ancora oggi sia "i Rinaldi"
(soprannome col quale sono conosciuti i componenti della famiglia
Di
Capua)
che "gli Sguizzeri" (nomignolo attribuito ai componenti della
famiglia Saladino) vanno orgogliosi.
Furono i giovani Di
Capua
insieme ai coetanei e parenti Saladino, infatti, gli autori
dell'importante ma assai casuale recupero della cassa contenente la
bella scultura della Madonna.
Racconta Giovanni
Di
Capua:
"Il mio avo avvistò la cassa mentre, sballottata dalle onde,
galleggiava nelle acque antistanti l'attuale "marineja" ("marinella").
Pensò al leggendario tesoro dei pirati ed alla possibilità
di
arricchire. Ma non essendo egoista chiamò uno "degli Sguizzeri"
(vicini di
casa oltre che parenti) e insieme a lui,
di
corsa, scese in marina.
Giunti sul litorale, però, i due giovani si accorsero che la cassa,
spinta dalle forti correnti, si era spostata
di
parecchio tanto che, galleggiando, era arrivata fino in prossimità
del
"Fosso".
Fu proprio qui che il mio antenato e l'amico Saladino, - precisa
l'anziano Di
Capua
- con la collaborazione di
alcuni familiari che nel frattempo erano accorsi in loro aiuto,
poterono recuperare la misteriosa cassa."
In sostanza, la processione in mare, ogni anno, ripercorre lo stesso
tragitto che la statua lignea della Madonna, sotto la spinta delle
correnti, ha compiuto quel lontano mattino spostandosi dal punto
dove è stata avvistata fino a quello dove venne recuperata e portata
sulla spiaggia. E' un rito che i pescatori locali, portando sulle
spalle L'Immacolata con devozione profonda, compiono ormai da
moltissimi anni, sia per ricordare il ritrovamento della statua sia
perché, così facendo, vogliono esternare la loro profonda devozione
alla Madre Santissima.
Disposti sotto le "stanghe" che fuoriescono dal piedistallo - la
"vara" - a cui per poter essere portata in processione è necessario
fissare la statua, i portatori si lasciano guidare dai due timonieri
che, sistemati uno a prua e l'altro a poppa
di
quell'umana imbarcazione, riescono a farla "veleggiare"
parallelamente al litorale. Sta all'abilità ed alla maestria dei
timonieri (due tra i più anziani ed esperti pescatori) se la statua,
durante la processione in acqua, non subisce sbalzi, non
registra strattoni o, peggio, non pencola. Nessuno si improvvisa
portatore anche se sono in molti ad aspirare a diventarlo. Ma sotto
il piedistallo della Madonna si arriva per eredità. Sicché quasi
sempre è il figlio ad occupare il posto che per anni fu
del
padre e, ancora prima, del
nonno.
Per consuetudine secolare i pescatori portano in processione la
Madonna solo in mare. Sulla terra ferma, invece, se ne occupano
altre categorie sociali.
Infatti l'Immacolata lascia la omonima parrocchiale sulle spalle
di
fedeli e di
cittadini che svolgono una qualsiasi attività lavorativa sulla terra
ferma.
Soltanto quando la processione, dopo aver attraversato diverse
strade interne, giunge in via
marina si fanno
avanti i pescatori e, tra scoppi di
mortaretti, canti, preghiere e ripetuti "evviva Maria", prendono in
consegna la statua per portarla in acqua e per ripetere, così, quel
rito di
fede e di
profonda devozione che ha spinto tutta la gente
di
mare di
Nicotera
ad eleggere a sua Protettrice l'Immacolata Concezione.
Quando la bella statua, dopo un tragitto in acqua
di
diverse centinaia di
metri, raggiunge l'altezza di
contrada "Fosso" i pescatori lasciano il mare e, attraversando
l'ampio arenile, tornano in via
marina. Qui il
parroco, dopo che la Madonna viene riaffidata ai "portatori
di
terra" e prima che la processione percorrendo le rimanenti vie
del
paese, rientri in chiesa, pronuncia il solenne panegirico
di
lodi alla Vergine Immacolata.
"La festa è nostra - sostiene l'anziano sig.
Di
Capua
- e dei pescatori è anche la statua. Fino a qualche decennio
addietro per garantire il sostentamento della chiesa ogni pescatore
doveva versare al Parroco il corrispettivo
del
quarto del
pescato. Ora non più. I giovani pescatori, infatti, a seguito
del
loro mancato inserimento nel comitato dei festeggiamenti,
interrompendo una tradizione secolare, circa 25 anni addietro si
sono rifiutati di
continuare a versare quel contributo. Non si è mai interrotta,
invece, la tradizione della processione a mare. Quella - conclude il
vecchio e loquace pescatore - finirà quando in
Marina
non ci sarà più un solo uomo di
mare o un solo uomo di
Fede."
Secondo il racconto del
sig. Di
Capua,
il ritrovamento della statua dell'Immacolata a
Nicotera
non è il solo registrato in quei giorni. Pare, infatti, che nello
stesso periodo altre "Madonne" siano state pescate a Bagnara, a
Santa Maria di
Ricadi (Capo Vaticano) a Villa San
Giovanni, a Tropea
e sulla spiaggia dell'odierna San Ferdinando. E' probabile, dunque,
che qualche bottega d'arte napoletana, servendosi
di
uno stesso veliero, abbia contemporaneamente indirizzato a chiese e
conventi calabresi e siciliani diverse sculture. Giunta nello
stretto di
Messina, però, l'imbarcazione si sarebbe imbattuta in un fortunale
così violento da mandarla alla deriva facendole perdere l'intero
carico.
Le correnti marine, poi, avrebbero provveduto al resto, facendo
prendere direzioni diverse a quelle casse che, in seguito, sono
state fortunatamente avvistate e salvate da pescatori
di
varie località.
Per quanto attiene la statua dell'Immacolata
di
Nicotera
pare che alcuni mesi dopo il suo ritrovamento siano giunti in
Marina
due signori i quali, dichiarandosi legittimi proprietari,
pretendevano la restituzione della scultura. Stando al racconto
popolare, però, non riuscirono a smuoverla dal piedistallo su cui i
pescatori del
luogo avevano provveduto a sistemarla all'interno della chiesetta
che, - come si rileva dalle "Relationes ad limina"
del
1755- "diruta la chiesa del
monastero di
San Francesco d'Assisi dove gli abitanti
del
luogo solevano ascoltare la messa", su iniziativa
del
Vescovo Mons. Francesco Franco fu edificata "per dare il comodo
della Messa ai cittadini" che cominciavano ad abitare il villaggio
marinaro. Bisogna, però, aspettare il 1819 perché gli abitanti della
"Marina"
raggiungano le 200 unità.
Naturale, dunque, che le risorse economiche
di
quella chiesa fossero assai scarse. Per questo quando, a seguito
del
"flagello" del
1783, il Marchese di
Fuscaldo fu nominato Vicario generale in Calabria, le assegnò la
rendita della soppressa parrocchia
di Motta
Filocastro e, contemporaneamente, nominò un economo che ebbe la cura
spirituale di
quella comunità fino a quando, il 27 settembre
del
1834, il Vescovo Mons. Michelangelo Franchini non elevò la chiesa a
parrocchia.
Nel frattempo, però, come si rileva da una iscrizione marmorea, nel
1800 il sacerdote nicoterese
Giovanni De Luca
ricostruì la chiesa e, poi, nel 1832 la completò
del
nuovo altare. Fino al 1832 il tempio era dedicato all'Annunziata. Il
cambio di
denominazione della chiesa è stato determinato sia dal fatto che il
ritrovamento della statua dell'Immacolata da tutti i nicoteresi è
stato interpretato come un segno della volontà divina sia dalla
unanime disponibilità dei pescatori al mantenimento
del
parroco.
In un documento della Curia Vescovile, in cui viene ricordata la
"bolla di
fondazione" della parrocchia, si legge, infatti, che fin dai tempi
della sua istituzione "i padroni di
barca di
Marina
si sono obbligati a somministrare in perpetuo all'arciprete pro
tempore una annua prestazione denominata "quarta"
del
pescato." Come si è detto, tale convenzione è stata scrupolosamente
osservata fino ad alcuni lustri addietro da tutti i proprietari
di
barche. Essi erano convinti che, così facendo, la loro pietà e il
loro culto verso la Gran Madre di
Dio sotto il titolo dell'Immacolata sarebbero stati una valida
protezione ed una sicura difesa per loro e per le loro famiglie.
E poiché i proprietari di
barche e, nel loro piccolo, anche i semplici pescatori, con le loro
prestazioni hanno validamente contribuito allo sviluppo della Chiesa
ed all'onesto sostentamento dell'Arciprete pro tempore, hanno
meritato un trattamento di
favore godendo di
particolari diritti.
A questi ultimi faceva esplicito riferimento
Giovanni
Di
Capua
allorché, insieme all'altro pescatore anziano Francesco Tripodi,
riferiva che, in virtù di
uno "strummento" (atto notarile) sottoscritto dal parroco
del
tempo, dai proprietari di
barche e dai semplici pescatori, "i padroni
di
barca e le loro rispettive mogli, in caso
di
morte avevano diritto ad un solenne funerale gratuito. In
particolare avevano diritto a quattro rintocchi
di
campana a morto, (il primo dei quali per annunciare l'avvenuto
decesso), all'accompagnamento con croce d'argento e confraternita ed
all'accompagnamento da parte dell'arciprete fino al cimitero."
Diverso il trattamento per i pescatori che, sforniti
di
barca propria, prestavano la loro opera per conto terzi. Poiché
anche essi contribuivano al mantenimento della parrocchia, comunque,
"avevano diritto ad un solo rintocco
di
campana a morto per annunciare il decesso e ad un altro al momento
del
trasporto del
cadavere dalla casa in chiesa. Avevano anche diritto alla Messa
funebre solenne."
Nel "Concordato" era precisato pure che l'arciprete, la domenica e
nei giorni di
festa, era obbligato ad "aspettare che tutte le barche fossero
tornate dalla pesca, prima di
celebrare la Santa Messa. Ciò al fine
di
assicurare a tutti i pescatori la possibilità
di
partecipare al sacro rito".
Dell'ammontare della "quarta" che i singoli padroni
di
barche avevano accantonato nel corso dell'intero anno e avevano
offerto alla chiesa, il parroco era tenuto a dare pubblica
comunicazione ai fedeli durante la messa "cantata" dell'otto
dicembre.
Oggi, tra la gente
di
mare
di
Nicotera
la "quarta" e i "diritti di
campana" sono solo un ricordo.
Continua, invece, ad essere concreta realtà la processione a mare
dell'otto dicembre. Tutto ciò perché fulgida e salda è la
venerazione per la Madonna dell'Immacolata che, con immutata Fede, i
pescatori di
questo incantevole lembo di
Calabria seguitano a festeggiare come loro Protettrice.
E in un'epoca in cui sembra che gli uomini hanno smarrito la via dei
valori, notare che i giovani che partecipano alla suggestiva
processione nicoterese sono sempre più numerosi, è la concreta
dimostrazione che l'umanità, in ogni tempo, per sentirsi pienamente
realizzata, ha soprattutto bisogno
di soddisfare le
sue esigenze spirituali.
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